venerdì 25 febbraio 2011

Vogliamo il federalismo, quello vero

Non passa giorno che nei giornali come nei proclami si sente nominare il federalismo. Per alcuni, come Bossi, il federalismo è già stato ottenuto [1]. Eppure per molti altri questi sono mesi difficili, contrassegnati da un sempre continuo aumento della spesa delle famiglie alle prese con i tagli dei servizi comunali.
Ma allora: che cosa è il federalismo? Cosa è stato fatto e cosa manca ancora?
Per cercare una risposta a queste domande, a noi molto care, pubblichiamo immediatamente l'invito a questa iniziativa, organizzata dal PD locale, che reputiamo interessantissima:


[1]: Bossi, Pontida, 21/06/2011 "Fratelli, so quanti, anche milioni, sono pronti a battersi. Ma abbiamo scelto la strada pacifica rispetto a quella del fucile e abbiamo ottenuto il federalismo"

giovedì 24 febbraio 2011

Asilo nido: non si gioca con il futuro

Sempre più insistentemente a Dolo, si parla, si sussurra, si ipotizza di  una possibile chiusura dell’asilo nido  per un problema di costi.
Qui di seguito cercheremo di illustrare il perché della nostra decisa contrarietà a tale nefasta   ipotesi.
In Italia, la discussione pubblica sui nidi viene abitualmente affrontata nel dibattito su famiglia e ruolo della donna, trascurando, ad esempio, i benefici dell'asilo per il suo vero utente, il bambino. In tali confronti si discute poco dell'utilità dei nidi per la società italiana e c’è scarso interesse a capire, per esempio, se l'attuazione del piano nidi sia effettivamente servita alle famiglie in carne ed ossa. In un simili dibattiti, tra l'altro, si riduce molto lo spazio per la diffusione di alcune informazioni di base, quali i benefici sociali che gli asili producono, l'esigua spesa pubblica che comportano, e il fatto che nessuno intende "obbligare" le famiglie a utilizzarli bensì si vuole esclusivamente assicurare la possibilità di farlo a chi lo desidera.
Bisogna, invece, iniziare a considerare l’asilo nido "semplicemente" un'infrastruttura necessaria e meritevole del sostegno di tutta la comunità. Va considerato inoltre che i servizi alla prima infanzia richiedono al bilancio pubblico uno sforzo marginale e producono effetti positivi su aspetti decisivi per il futuro dell'Italia.
 «I nidi non servono». Dicono. Si tratta di un'opinione diffusa più di quanto si pensi. Invece, è scientificamente dimostrato che la presenza di nidi aiuta l'occupazione femminile. È pure dimostrato che la loro frequenza produce effetti positivi sullo sviluppo delle capacità di apprendimento e di relazione del bambino, con effetti maggiori per chi proviene da famiglie svantaggiate e meno istruite.
Negli altri paesi europei il loro rafforzamento costituisce un obiettivo condiviso dai diversi schieramenti politici, di cui il governo centrale si è assunto la responsabilità. Oggi, in Italia la ricettività complessiva del sistema riguarda circa il 25% dei bambini entro i tre anni mentre le famiglie che vorrebbero fruirne sono il 42 per cento, e se nulla cambierà, l'obiettivo dei prossimi anni sarà evitare di indietreggiare rispetto a oggi.

Per quanto riguarda l’asilo nido di Dolo, l’amministrazione sta demagogicamente affermando che la sua gestione  costa troppo e non è più sostenibile per il bilancio comunale. E, dunque, o si privatizza il servizio o si chiude. Che l’asilo nido non sia sostenibile per una amministrazione comunale che nel 2010 ha prodotto  un avanzo di amministrazione di quasi un milione e seicentomila euro, è una cosa un po’ azzardata e di difficile spiegazione.
Analizziamo quindi insieme i costi dell' asilo nido del nostro comune. I costi previsti per il 2011 si possono trovare nella delibera allegata al bilancio 2011 non ancora approvato. E sono: costo del personale € 186.200, costi di mantenimento alimenti, pannolini ecc.. € 108.134 per un totale delle spese di  € 294.334. Entrate per rette e un minimo di contributo Regionale € 152.000. Il disavanzo è quindi di € 142.334. Bambini frequentanti circa 40.
Nel caso di chiusura  l’amministrazione dovrà farsi carico di tutti i costi del personale. Certamente potrà ricollocarlo all’interno del comune, ma dovrà in questo caso prevedere di coprire la differenza tra il disavanzo e il costo del personale più altre spese di mantenimento della struttura.
Nel caso di una privatizzazione dell’asilo si potranno verificare due casi: uno più favorevole e un altro che, solo con un eufemismo, diciamo meno favorevole.
Nel caso più favorevole tutto il personale dovrebbe accettare di trasferirsi al soggetto privato, cosa alquanto improbabile. Se per ipotesi ciò si verificasse l’amministrazione si potrebbe limitare ad integrare le rette per non farle crescere eccessivamente e concentrarsi nel controllare la gestione.
Nel caso meno favorevole, e cioè nel caso che l’amministrazione pur volendo privatizzare si accollasse il personale e l’integrazione delle rette, i costi del disavanzo raddoppierebbero.
Ecco perché riteniamo nefasta l’ipotesi di chiusura e poco praticabile la privatizzazione del nido.
Bisogna invece concentrarsi nel rendere l’asilo più flessibile ai bisogni delle giovani coppie, e soprattutto per non disperdere trent’anni di professionalità che tanto prestigio hanno dato al nostro asilo. 

giovedì 17 febbraio 2011

Ecco dove la Lega investe i nostri soldi

I furbi se la cavano e noi paghiamo.

Ancora una volta, su proposta di 4 Senatori della Lega, viene prorogata di 6 mesi in Italia la moratoria in favore dei residui 558 produttori di latte che hanno superato le Quote fissate negli accordi UE ed a tutt'oggi si rifiutano di mettersi in regola.
Ciò costerà allo Stato Italiano 30 milioni di Euro in aggiunta a quelli (molti di più...) già sborsati in precedenza. Il provvedimento sarà finanziato prendendo i soldi dai fondi per gli aiuti sociali, cioè aiuti alle famiglie, alle scuole, all'Università, alla ricerca, etc...
Cerchiamo di capire assieme cosa è successo: a metà degli anni ‘80, ci si accorse che nella EU si produceva troppo latte; se il fabbisogno complessivo dell'Unione fosse stato100, si produceva 120. Lasciare che le cose restassero così avrebbe comportato un enorme rischio: gli allevatori dei Paesi a basso costo di produzione avrebbero potuto invadere i mercati degli altri Paesi con il loro latte economico, distruggendo la produzione locale dei Paesi più ricchi, fra cui l'Italia, con rischi anche per la qualità del latte importato.

L’Unione Europea (all’epoca CEE) decise quindi di prendere come riferimento la produzione del 1983, e di ridurre la produzione del latte al valore del fabbisogno del mercato, in modo da salvaguardare i prezzi, e quindi, in definitiva, di tutelare i produttori (dall’assalto straniero) ed i consumatori (da rischi sulla qualità). Un criterio sacrosanto, che salvava capra e cavolo, se non fosse che…

Non si era fatto i conti con chi aveva già approfittato delle tasche altrui!

Il criterio per valutare la produzione consentita in seguito per ciascun Paese, che avrebbe di quindi assegnato le famose Quote Latte, fu, l'IVA versata dai produttori nel 1983, supposta ovviamente proporzionale alla produzione effettiva...

Risultò però che, dati alla mano, l’evasione dell’IVA nel settore era piuttosto forte, e che molti produttori si trovarono a dover produrre il latte sulla base di quanto avevano dichiarato, e non sulla base di quanto effettivamente avevano prodotto (evadendo le tasse, e facendo gravare su tutti i contribuenti i costi delle loro tasse evase).

I circa 39000 allevatori italiani hanno quindi iniziato un lungo processo (quasi 30 anni), spesso ricco di tensione, che ha portato alla situazione attuale. L’Italia (cioè noi) abbiamo pagato ormai innumerevoli volte le multe all’UE per conto degli allevatori, sia sotto forma di condoni che proroghe. Il tutto, ad oggi ci è costato 4 miliardi di euro (fatalmente uguale ai tagli del biennio ai comuni che tanti disagi stanno creando anche qui a Dolo). E’ inutile stare a sottolineare come le tasse già alte di  tutti noi siano servite: prima a garantire i servizi (scuole, ospedali) a chi con i soldi delle tasse si pagava l’auto nuova o le vacanze, e poi a pagare le multe degli stessi che nel frattempo sono stati pizzicati. Oggi, comunque, grazie anche alle agevolazioni, la stragrande maggioranza dei produttori di latte si sono messi in regola (un atto lodevole, anche se dovuto dopo più di 25 anni). Ne restano 558, che, poverini, non se la sentono di pagare il loro debito a distanza di quasi tre decenni… Per fortuna, però, la Lega Nord pensa a loro: questo residuo di 558 criminali evasori ottiene da noi altri 30 Milioni di Euro per 6 mesi addizionali, 60 Milioni su base annua.
Se domani dovrete pagare di più il buono mensa, oppure vi verrà tolto l’asilo nido, non disperate, i vostri soldi hanno permesso a 558 criminali di farsi le vacanze lussuose, anche quest’anno, grazie ai senatori della Lega Nord, ed al governo che ha votato compatto.

lunedì 14 febbraio 2011

Se non ora quando?

A piedi, in treno, su autobus sbuffanti zeppi di donne, uomini, bambini e bambine, studenti e precarie tutto un popolo di un Paese né per giovani né per vecchi si è incontrato a Venezia, nel campo Santa Margherita troppo piccolo per contenere quasi 10.000 persone, quelle scontate e quelle più impensate, nella voglia di manifestare la vita reale.
Indignazione e denuncia dell’uso del corpo femminile come merce da comprare e di un degrado che interroga gli uomini sulla propria capacità di costruire relazioni sane e paritarie.
In oltre 250 manifestazioni che hanno fatto sentire tante voci –anche a nome dell’operaia della Vinyls appesa alla sua torre-  Venezia e la sua provincia hanno cantato, firmato, discusso dei problemi che abbiamo nel lavoro, nella rappresentanza nei posti di decisione, nei servizi, nella scuola, nelle famiglie. In altri momenti le donne hanno saputo guidare la storia del nostro  Paese, ora – se no quando? – abbiamo dato il segno per fermare la crisi e andare oltre Berlusconi e il berlusconismo.

Qui sotto vi proponiamo qualche foto della manifestazione


Anche l'arte ha fatto da padrona alla manifestazione

Campo Santa Margherita





venerdì 11 febbraio 2011

Il futuro di Arino

Come tanti sanno sul domani della località pesano le scelte importanti di grandi e piccole opere, per non parlare dei servizi che, se dovessero essere tagliati, graverebbero maggiormente nelle frazioni. Per questo riportiamo, più che volentieri, il volantino di questa importante iniziativa:





ASSEMBLEA PUBBLICA
QUALE FUTURO PER ARINO ?
Martedì 15 febbraio 2011 ore 20.30
Centro Comunitario Parrocchiale
Arino

I Consiglieri Comunali
Antonio Gaspari
Vincenzo Crisafi
Gianni Lazzari
Gianluigi Naletto
Alberto Polo
Adriano Spolaore

incontrano la cittadinanza di Arino per discutere di :

>             PISTA CICLABILE
VENETO GREEN CITY
>      CONTRIBUTI ALLE ASSOCIAZIONI
AUMENTI TARIFFE TRASPORTO SCOLASTICO E BUONI MENSA
                                                   I Consiglieri Comunali della Lista Civica 
 “per Dolo, Cuore della Riviera” 

domenica 6 febbraio 2011

APPELLO ALLA MOBILITAZIONE DELLE DONNE ITALIANE DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011


VENEZIA – 13 febbraio, Campo San Barnaba (vicino a Campo Santa Margherita) dalle ore 10.30 alle ore 12.30: letture, interventi teatrali, musica : per informazioni e adesioni http://www.comune.venezia.it/flex/cm/page
Se non ora, quando?
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.

Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che – va ricordato nel 150esimo dell’unità d’Italia – hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.
Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.

Fonte:http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/

sabato 5 febbraio 2011

Le notti di Arcore e la notte italiana di Gustavo Zagrebelsky


Pubblichiamo una sintesi del discorso che terrà domani alla manifestazione di Libertà e Giustizia a Milano


Perché siamo qui? Che cosa abbiamo da dire, da chiedere? Niente e tutto. Niente per ciascuno di noi, tutto per tutti. Non siamo qui nemmeno come appartenenti a questo o quel partito, a questo o quel sindacato, a questa o quella associazione. Ciò che chiediamo, lo chiediamo come cittadini. Chi è qui presente non rappresenta che se stesso. Per questo, il nostro è un incontro altamente politico, come tutte le volte in cui, nei casi straordinari della vita democratica, tacciono le differenze e le appartenenze particolari e parlano le ragioni che accomunano i nudi cittadini, interessati alle sorti non mie o tue, ma comuni a tutti. Non siamo qui, perciò, per sostenere interessi di parte. Ma non siamo affatto contro i partiti. Anzi, ci rivolgiamo a loro, di maggioranza e di opposizione, affinché raccolgano il malessere che sale sempre più forte da un Paese in cui il disgusto cresce nei confronti di chi e di come governa; affinché i cittadini possano rispecchiarsi in chi li rappresenta e sia rinsaldato il rapporto di democrazia tra i primi e i secondi, un rapporto che oggi visibilmente è molto allentato.

Nulla abbiamo da chiedere per noi. Non chiediamo né posti, né danaro. Non siamo sul mercato. È corruzione delle istituzioni l'elargizione di posti in cambio di fedeltà. E' corruzione delle persone l'elargizione di danaro in cambio di sottomissione e servizi. Crediamo nella politica di persone libere, non asservite, mosse dalle proprie idee e non da meschini interessi personali per i quali si sacrifica la dignità al carro del potente che distribuisce vantaggi e protezione. Anzi, chiediamo che cessi questo sistema di corruzione delle coscienze e di avvilimento della democrazia, un sistema che ha invaso la vita pubblica e l'ha squalificata agli occhi dei cittadini, come regime delle clientele. I cittadini che ne sono fuori e vogliono restarne fuori chiedono diritti e non favori, legalità e non connivenze, sicurezza e non protezione. Non accettano doversi legare a nessuno per ottenere quello che è dovuto. Vogliono, in una parola, essere cittadini, non clienti e non ne possono più di vedersi scavalcati, nella politica, negli affari, nelle professioni, nelle Università, nelle gerarchie delle burocrazie pubbliche, a ogni livello, dal dirigente all'usciere, non da chi merita di più, ma da chi gode di maggiori appoggi e tutele.

Chiediamoci, in questo quadro, perché le notti di Arcore  -  non parlo di reati, perché per ora è un capitolo di ipotesi ancora da verificare  -  sono esplose come una bomba nel dibattito politico, pur in un Paese non puritano come il nostro, dove in fatto di morale sessuale si è sempre stati molto tolleranti, soprattutto rispetto ai potenti. Dicono che il moralismo deve restare fuori della politica, che ognuno a casa propria deve poter fare quel che gli aggrada (sempre che non violi il codice penale), che il pettegolezzo non deve mescolarsi con gli affari pubblici. È vero, ma non è questo il caso. Se si trattasse soltanto della forza compulsiva e irresistibile del richiamo sessuale nell'età del tramonto della vita, non avremmo nulla da dire. Forse deploreremmo, ma non giudicheremmo per non dover poi essere, eventualmente, noi stessi giudicati. Proveremmo semmai, probabilmente, compassione e magari perfino simpatia per questa prova di senile, fragile e ridicola condizione di umana solitudine. Ma non avremmo nulla da dire dal punto di vista politico.

Ma la verità non si lascia dipingere in questi termini. La domanda non è se piace o no lo stile di vita di una persona ricca e potente che passa le sue notti come sappiamo. Questa potrebbe essere una domanda che mette in campo categorie morali. La domanda, molto semplicemente, è invece: ci piace o no essere governati da quella persona. E questa è una domanda politica.

La risposta dipende dalla constatazione che tra le mura di residenze principesche, per quanto sappiamo, viene messo in scena, una scena in miniatura, esattamente ciò che avviene sul grande palcoscenico della politica nazionale. Le notti di Arcore assurgono a simbolo facilmente riconoscibile, in versione postribolare, di una realtà più vasta che ci riguarda tutti. È un simbolo che ci mostra in sintesi i caratteri ripugnanti di un certo modo di concepire i rapporti tra le persone, nello scambio tra chi può dare e chi può ottenere. È lo stesso modo che impera e nelle stanze d'una certa villa privata e in certi palazzi del potere. Questo, credo, è ciò che preoccupa da un lato, indigna dall'altro.

Non troviamo forse qui (nella villa) e là (nel Paese), gli stessi ingredienti? Innanzitutto, un'enorme disponibilità discrezionale di mezzi  -  danaro e posti - per cambiare l'esistenza degli altri attraverso l'elargizione di favori: qui, buste paga in nero, bigiotteria, promozioni in impensabili ruoli politici distribuiti come se fossero proprietà privata; là, finanziamenti, commesse, protezioni, carriere nelle istituzioni costituzionali (la legge elettorale attuale sembra fatta apposta per questo), nell'amministrazione pubblica, nelle aziende controllate. Dall'altra parte, troviamo la disponibilità a offrire se stessi, sapendo che la mano che offre può in qualunque momento ritrarsi o colpirti se vieni meno ai patti. Cambia la materia che sei disposto a dare in riconoscenza al potente: qui, corpi e sesso; là, voti, delibere, pressioni, corruzione. Ma il meccanismo è lo stesso: benefici e protezione in cambio di prove di sottomissione e fedeltà, cioè di prostituzione. Ed è un meccanismo omnipervasivo che supera la distinzione tra pubblico e privato, perché funziona ogni volta che hai qualcosa da offrire che piaccia a chi ha i mezzi per acquisirlo.

Qui e là questo sistema alimenta un mondo contiguo fatto di gente alla ricerca di chi "ci sta" e possa piacere a quello che è stato brillantemente definito "l'utilizzatore finale": lenoni e faccendieri, gli uni per selezionare e reclutare corpi da concorsi di bellezza e luoghi di malaffare e organizzarne il flusso, gli altri per sondare disponibilità e acquisire fedeltà nei luoghi delle istituzioni dove possono essere utili. Analogo, poi, è il rapporto che si instaura tra i partecipanti a questi giri del potere. Poiché la legge uguale per tutti sarebbe incompatibile con un tal modo di concepire il potere, i rapporti di connivenza, molto spesso, anzi quasi sempre, si basano sull'illegalità e, a loro volta, la producono. Tutti cascano così nelle mani l'uno dell'altro e il giro si avviluppa nella reciprocità dei ricatti. Così, chi se ne è messo a capo è destinato, prima o poi, a diventare succubo, a trasformarsi in una vuota maschera che parla, vuole, magari fa la faccia feroce ma in nome altrui, il suo unico interesse riducendosi progressivamente a non essere rovinato dai sodali. A quel punto, è pronto a tutto.
Ritorniamo all'inizio. Non chiediamo nulla per noi ma tutto per tutti. Il "tutto per tutti" è lo stato di diritto e l'uguaglianza di fronte alla legge; il rispetto delle istituzioni e della dignità delle persone, soprattutto quelle più esposte ai soprusi dei prepotenti: le donne, i lavoratori a rischio del posto di lavoro, gli immigrati che noi bolliamo come "clandestini"; la disciplina e l'onore di chi ricopre cariche di governo; l'autonomia della politica dall'ipoteca del denaro e dell'interesse privato nell'uso dei poteri pubblici; l'indipendenza dei poteri di garanzia e controllo; l'equità sociale; la liberazione dall'oppressione delle clientele. Un elenco penoso di doglianze e un vastissimo programma di ricostruzione che è precisamente ciò che sta scritto a chiare lettere e per esteso nella Costituzione: la Costituzione che per questa ragione è diventata segno di divisione tra opposte concezioni della politica.

La richiesta di dimissioni del Presidente del Consiglio non è accanimento contro una persona. Sappiamo bene che la concezione del potere ch'egli rappresenta ha, nella nostra società, radici lontane e profonde, di natura perfino antropologica, e che perciò ha buone possibilità di sopravvivergli in quelli che si preparano a raccoglierne la successione, per il momento in cui si sentiranno pronti ad abbandonarlo. Ma sappiamo anche che, per ora, quel sistema di potere è incarnato, e in modo eminente, proprio da lui. Onde è da lui che occorre incominciare, non per fermarsi a lui ma per guardare oltre, al sistema di potere che l'ha espresso e di cui egli è, finché gli sarà possibile, l'interprete più in vista.